A settembre 2021 gli investimenti dei proprietari di immobili per interventi realizzati con Super ecobonus 110% sono risultati vicini a 7,5 miliardi di euro. Il Centro Studi CNI stima che tale impegno di spesa possa attivare nel complesso del sistema economico una produzione aggiuntiva di 15,7 miliardi di euro e occupazione aggiuntiva per 122.900 unità. Ad oggi tale impegno di spesa potrebbe contribuire alla formazione del 4,6% degli investimenti totali previsti nel 2021 ed alla formazione di 9,9 miliardi di Pil.
Secondo una visione prudente dello scenario a breve termine, il 2021 potrebbe chiudersi con un impegno di spesa complessiva per interventi con Superbonus di 9,350 miliardi di euro; si stima, in particolare, che la spesa per ecobonus
possa raggiungere i 9 miliardi di euro e che gli impegni di spesa per sismabonus possa ottimisticamente raggiungere i 350 milioni di euro.
Il Centro Studi CNI stima, pertanto, che una spesa di poco superiore a 9 miliardi possa generare un livello di produzione aggiuntiva totale (all’interno della filiera delle costruzioni, nel comparto dei servizi di ingegneria e architettura, nei settori dell’indotto della filiera e in altri comparti) pari a 19,6 miliardi, con una occupazione diretta di quasi 100.000 unità e indiretta per poco più 54.000 unità per un totale di oltre 153.000 occupati. In questo scenario la sola spesa per Superbonus 110% contribuirebbe alla formazione del 5,8% degli investimenti fissi lordi nel complesso ed alla generazione di valore aggiunto complessivo per oltre 8 miliardi di euro, determinando un contributo alla formazione del Pil per 12,4 miliardi di euro.
Al di là dei numeri occorre chiedersi se tale spesa, in un quadro di contabilità nazionale, sia sostenibile nel medio-lungo periodo. Riteniamo che la capacità dei Superbonus di generare valore e di avere affetti espansivi nel sistema economico nazionale siano particolarmente apprezzabili. Riteniamo, in particolare, che l’indebitamento netto, generato nei singoli anni dalle detrazioni concesse dallo Stato, possa essere compensato da tale effetto espansivo sul Pil oltre che sull’occupazione. Una spesa di 9,350 miliardi per opere di ristrutturazione degli immobili con detrazioni al 110% genererà maggiori spese per lo Stato pari a 10,2 miliardi di euro (per effetto delle detrazioni maggiorate) che non saranno compensate dal gettito fiscale collegato alla realizzazione di tali opere. Il disavanzo netto teorico attivato dai Superbonus 110% viene stimato in oltre 6 miliardi di euro per il 2021, una cifra che sarebbe tuttavia più che compensata dalla formazione di valore aggiunto per oltre 8 miliardi (il valore aggiunto contribuisce alla formazione del Pil). Questo calcolo sul disavanzo, peraltro, non descrive correttamente ciò che avviene dal punto di vista contabile, in quanto nel 2021 lo Stato incassa il gettito fiscale connesso ai lavori con Superbonus 110% del 2021 ed ha minori entrate solo per un decimo (la prima rata) della spesa con incentivi sostenuta nel 2021. In questo caso la differenza tra il gettito fiscale e le minori entrate sarebbe positiva, ovvero per lo Stato vi sarebbe un avanzo e non un disavanzo, come peraltro corretamente indicato dal Governo nel Def 2021. Sono sufficienti queste poche riflessioni, spiegate nel dettaglio più avanti, per comprendere che l’impatto effettivo dei Superbonus 110% andrebbe considerato in una prospettiva articolata e con una visione di medio periodo. In particolare gli effetti moltiplicativi ed espansivi che questo tipo di spesa riesce a generare potrebbero ridefinire l’orientamento del Governo a dare una scadenza a breve dei Superbonus. Una visione più attenta dell’impatto economico consente di sostenere la tesi che anche la scadenza del 2023 (verso la quale il Governo si sta orientando) potrebbe già oggi essere “portata più avanti”, stabilendo un termine al 2026 in concomitanza con il completamento degli interventi previsti nel PNRR. Ciò consentirebbe ai Superbonus di trasformarsi in una vera leva per un organico piano di rigenerazione degli edifici e di attuazione in modo estensivo di un piano per il risparmio energetico e di messa in sicurezza del territorio. Le stime dell’impatto economico non devono indurre, peraltro, a tralasciare i vantaggi di tipo sociale connessi ai Superbonus, che determinano ulteriori risparmi della spesa pubblica e ulteriori ricadute positive sul Pil. In particolare, un uso estensivo dei sismabonus rappresenta l’occasione, forse unica, per dare attuazione ad un sostanziale piano organico di prevenzione dal rischio sismico degli edifici, almeno nelle zone 1 e 2 più esposte ad eventi sismici. Una spesa in prevenzione determinerebbe risparmi consistenti prima di tutto in termini di vite umane ed in secondo luogo in termini di spesa pubblica per la ricostruzione post-terremoto. Lo Stato ha sostenuto negli ultimi 53 anni spese per interventi di ricostruzione superiori a 130 miliardi di euro, un valore superiore a quanto costerebbe un intervento più organico ora finanziabile con il sismabonus. Non solo. Un intervento sistematico di prevenzione dal rischio sismico sugli edifici attiva effetti virtuosi a catena. Minori danni in casi di eventi estremi porta ad un minore intervento dello Stato, a minori costi sanitari conseguenti l’evento catastrofico, a minori spese di ricostruzioni ad un minore impatto critico sull’economia della zona colpita da sisma.