Quando in un edificio coesistono proprietà esclusive e parti comuni indivise, le une legate alle altre da un nesso di reciprocità funzionale, allora siamo in presenza di un “condominio”.
Con questa definizione, trovano coesistenza le proprietà esclusive, quale può essere l’unità abitativa, e le scale per esempio che hanno funzione strumentale rispetto a quell’unità, ma che appartengono alla comunione dei condomini.
Vediamo quali sono questi beni comuni, l’art.1117 c.c. individua le parti dell’edificio che si presumono di proprietà comuni, in quanto destinati solitamente a servire l’intera collettività condominiale in modo indifferente.
La riforma del condominio arrivata con la L.220/2012, non ha portato grandi modifiche al sopra citato articolo, ha solo fornito una definizione più articolata delle parti comuni, tenendo conto dell’ingresso in condominio anche di tutta quella tecnologia che nel corso degli anni ha iniziato ad invadere le nostre città ( es. i cavi relativi agli impianti di ricezione radiotelevisiva via cavo/satellite).
L’art.1117 c.c. individua -beni comuni necessari, che comprendono il suolo, le fondazioni, i muri maestri, tetti, lastrici…, travi portanti.
– beni comuni di pertinenza : i locali della portineria, della lavanderia, dell’allocazione caldaia, aree destinate a parcheggi, sottotetti….
– beni comuni accessori: es gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici/fognari, gli impianti per la ricetrasmissione televisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informatico, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuali dei condomini.
Oltrepassando la mera elencazione precisa del suddetto articolo, ci preme sottolineare, che i condomini raramente ricordano che le scale o la colonna di scarico appartiene a tutto il condominio, infatti spesso ci si trova con pianerottoli invasi da scarpiere, mobilia di vario genere o locali caldaie usati come ripostigli, senza dimenticare la malsana allocazione di bici e passeggini negli androni.
Parafrasando una celebre frase di Massimo D’Azeglio “fatto il Condominio dobbiamo fare i condomini”; sorridendo a denti stretti ardua è l’impresa.
Difficile far coesistere in un ambiente così compresso, come può esserlo il Condominio, individui differenti per interessi sociali, religiosi, etici, generazionali e sempre più spesso interculturali, inevitabilmente si arriva ad un conflitto che trascina in un turbinio impazzito tutti i condomini.
Ricettore in primis di questa guerra che si sta profilando all’orizzonte naturalmente è l’Amministratore, il quale suo malgrado pur no facendo parte di alcuna compagine deve cercare di sedare la lite, prima che accada l’irreparabile.
La maggior parte degli Amministratori, sono consci del fatto che se è richiesta la propria figura, ci sono sicuramente problemi di ordine litigioso, specie in quei Condomini dove i proprietari sono tra loro legati da vincolo di parentela.
L’analisi di un conflitto viene fuori dalle diverse posizioni che le parti hanno preso, ognuna di esse si è arroccata su una torre figurativa, e da lì cercano di sovrastare con atteggiamenti, parole e spesso fatti che trascendono la normale vita.
L’Amministratore, quale professionista accorto e preparato deve saper individuare quali sono i veri bisogni che soggiacciono a quelle posizioni, non necessariamente deve psicanalizzare i propri clienti, anche perché impossibile, ha già troppe beghe legali e fiscali da contemperare.
Tecnicamente, questo approccio viene studiato ed è conosciuto come PNL, ossia programmazione neurolinguistica, è una scienza che si occupa di riconoscere attraverso il linguaggio del corpo ( toccarsi i capelli, stare in posizione chiusa rispetto ad un interlocutore, indicare col dito una persona, mordersi le labbra….) le emozioni che in quel momento un individuo sta vivendo, e quindi il disagio /bisogno che si nasconde sotto una posizione.
Il professionista, facendo leva sul bisogno che emerge e leggendo le emozioni che caratterizzano le parti, deve capire senza farsi condurre dalle sue emozioni, come aiutare i suoi condomini, i quali all’inizio si scaglieranno contro di lui, perché lui deve risolvere tutto, quante volte ci si è sentiti dire ….. e lei allora che ci sta a fare ?
Duro il lavoro dell’Amministratore… Per molti è il confessore, la persona a cui diventa quasi normale fare confidenze, però nel momento in cui qualcosa non funziona, vedi il cancello o il citofono rotto che poi scopri era solo quello interno dello stesso condomino, scoppia l’attacco al povero Amministratore.
Per cui ritornando alla celebre frase di apertura, D’Azeglio , che secondo me sta ancora chiedendosi se siamo riusciti a fare gli “italiani”, noi nel nostro lavora in maniera opportuna e calibrata dovremmo cercare, con l’attenzione che contraddistingue il nostro mandato, di fare dei Condomini amministrati delle piccole oasi di serenità.