Negli ultimi diciotto mesi l’industria dei servizi immobiliari ha dimostrato una forte resistenza rispetto alle crisi sanitarie ed economiche. Mentre il settore immobiliare europeo perdevo oltre il dieci per cento di fatturato, il settore dei servizi è sceso solo del sette per cento. Il 2021 ha confermato questo andamento con previsioni per la fine del 2021 al rialzo.
Il fatturato 2020 delle attività dei servizi immobiliari nei cinque principali Paesi europei è stimato in circa 350 miliardi di euro, in calo del 6,3 per cento rispetto al 2019. Una discesa attesa a causa dei periodi di totale blocco delle attività che il mondo ha subìto durante la pandemia. La Germania si conferma il mercato più performante, con quasi 125 miliardi di euro e un calo contenuto al meno 1,7 per cento. La Francia, invece, non ha sostanzialmente registrato una variazione sul suo volume di fatturato che anche nel 2020 si è chiuso con 85,2 miliardi di euro. Il nostro Paese ha invece registrato un calo, rispetto al 2019, di quasi dodici punti percentuali e un volume di 37,1 miliardi di euro. Il Regno Unito, in un anno che oltre al Coronavirus l’ha visto protagonista con l’uscita dalla Unione Europea, ha registrato il calo più sostanzioso con una perdita di fatturato di quasi venti punti percentuali (73,3 miliardi contro i 91 del 2019). La Spagna, grazie ad una attività vivace soprattutto nell’ultima parte del 2020, è la sola nazione con il fatturato in crescita (più 1,4 per cento). Le stime per la fine del 2021 sono di una crescita fino a quasi 400 miliardi di euro, recuperando così il trend positivo del decennio passato.
I 27 Paesi dell’Unione europea hanno chiuso il 2020 con una ricchezza complessiva di circa 13.300 miliardi di euro, con un decremento del 6,1 per cento. In questo quadro generale, i settori delle costruzioni e delle attività immobiliari continuano a rivestire un ruolo centrale nelle economie dei diversi Paesi, per le quali contribuiscono con il 17,4 per cento alla formazione del valore aggiunto (in aumento di un punto percentuale rispetto al 2019). Sono questi alcuni dei dati del “Rapporto sulla filiera dei servizi immobiliari in Europa e in Italia” realizzato da Scenari Immobiliari in collaborazione con le principali società di servizi italiane (ABACO TEAM, AGIRE Gruppo IPI, BNP PARIBAS REAL ESTATE, COIMA, COLLIERS REMS, CUSHMAN & WAKEFIELD, ENPAM RE, GENERALI REAL ESTATE, PRELIOS INTEGRA, REVALO, RINA PRIME VALUE SERVICES, SIDIEF),
“In una fase di ripartenza di tutti i principali mercati immobiliari – ha affermato Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari – l’industria dei servizi ha dimostrato di poter reggere l’urto della difficile congiuntura economica globale appena affrontata e già entro la fine di quest’anno si possono prevedere numeri positivi del comparto. Il settore delle “attività immobiliari” ha raddoppiato il suo peso sul pil in questo secolo. Passando dal sette al quattordici per cento. Superando decisamente il mondo delle costruzioni. È cambiata la ‘narrazione’ del settore immobiliare, dove il lavoro di riqualificazione e di valorizzazione dei beni esistenti è più importante che costruire prodotti nuovi. È un trend inarrestabile che si accompagna alle nuove esigenze di tutela del territorio, ma anche in una dimensione di mercati che avranno sempre più una crescita qualitativa e non quantitativa”.
Dal punto di vista occupazionale il settore delle costruzioni è quello più rilevante, con più di 13,5 milioni di occupati in Europa, pari al 6,5 per cento della forza lavoro complessiva. Le imprese attive nel settore sono 3,28 milioni, per una dimensione media di 4,1 addetti per impresa. La Germania conta il numero più alto di occupati, 2,67 milioni, impiegati in 385mila imprese circa, rappresentando il Paese con la dimensione media delle imprese per addetti più elevata, pari a 6,9 occupati per società. Francia e Regno Unito sono in posizione intermedia, sia in termini assoluti che in relazione al totale della forza lavoro, mentre Italia e Spagna hanno dimensioni più ridotte. L’Italia in particolare conta 1,33 milioni di occupati in poco più di 500mila imprese, con dimensioni medie delle aziende molto ridotte (2,7 occupati).
Il settore dei servizi immobiliari ha un peso minore sul totale della forza lavoro, con una media europea dell’1,3 per cento, corrispondente a 2,43 milioni di addetti. A questi si somma un indotto pari a oltre un milione di addetti indiretti. In Italia gli addetti diretti sfiorano le 300mila unità, cui si somma circa 135 mila addetti indiretti. La percentuale sulla forza lavoro complessiva è in linea con la media europea, mentre molto bassa è la dimensione media delle imprese, pari a 1,9 addetti per società. A livello dimensionale le principali eccezioni sono rappresentate dal Regno Unito e dalla Germania, dove la dimensione media è rispettivamente di 7,4 e 4,7 addetti diretti, mentre in Francia, Spagna e Italia la frammentazione delle imprese è rilevante, con una media addetti compresa tra l’1,9 dell’Italia e il 2,1 della Spagna.
“Il mondo dei servizi immobiliari – ha dichiarato Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari – è chiamato a introdurre e a fondare sempre più le proprie attività su concetti di ‘generation’ e ‘operation’, secondo i quali ogni metro quadro non è semplicemente realizzato, bensì investito per uno specifico utilizzo. La trasformazione digitale dei servizi immobiliari è solo all’inizio del suo percorso di evoluzione ma sta già mostrando tutte le potenziali integrazioni con settori in continua maturazione. La pandemia ha evidenziato la necessità di operare un cambiamento nelle modalità di gestione delle tematiche e delle responsabilità in ambito Esg. I temi ambientali fanno riferimento a quella molteplicità di fattori riconducibili al rispetto e alla tutela dell’ecosistema; quelli sociali riguardano il rispetto dei diritti umani e, in particolare, quelli del lavoratore; la governance prende in considerazione gli aspetti relativi all’organizzazione e alla struttura societaria, all’adozione del codice etico, alla presenza di procedure di contrasto alla corruzione e rafforzamento della reputazione. Si stima che per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi saranno necessari 6.350 miliardi di euro a livello mondiale, da raccogliere non solo tra le risorse del settore pubblico ma anche coinvolgendo capitali istituzionali e privati”.